Comunicato sindacale del 16.10.2012 a cura del Coordinatore Generale Domenico De Grandis
Il Governo Monti aveva tracciato, sin dall’inizio, le linee della sua politica, improntandole al rigore e all’equità.
Di rigore, a dire il vero, ne abbiamo visto tanto, dipendenti pubblici e non, al pari di tutte le altre categorie senza santi in paradiso.
L’equità, invece, stiamo aspettando di sapere cosa sia mentre il tempo scorre rendendo più povero chi ha meno e più ricco chi ha di più.
La riduzione percentuale dell’irpef che dovrebbe essere a breve introdotta, a ben vedere, non è rigore, ma nemmeno il contrario e, comunque, non è sicuramente equità.
Provo a spiegarmi: la riduzione dell’aliquota irpef, che col progredire delle ore diviene sempre più modesta, troverà generale applicazione nei confronti di tutti i contribuenti, compresi quelli che hanno redditi milionari e che, al pari degli altri, pagheranno meno irpef sullo scaglione interessato dalla riduzione dell’aliquota.
E’ evidente, pertanto, che questo alleggerimento fiscale generale, proprio perché troverà applicazione nei confronti di tutti i contribuenti, per definizione non può essere e non è equo e non incide affatto sulla divisione del reddito.
Qualcuno, peraltro autorevole, ha alluso a un sistema monarchico e la protesta risentita non si è fatta attendere.
Ma non in una delle monarchie europee possiamo rinvenire lo squilibrio, l’arbitrio e la prevaricazione che ormai sono la regola del belpaese dove il potere è stato utilizzato per creare una nuova giungla retributiva in virtù della quale si continua sfacciatamente a retribuire tre o quattro volte di più dipendenti pubblici con lo stesso carico di lavoro dei loro colleghi di un qualsiasi comune o ministero.
Altri percepiscono ancora retribuzioni a carico dell’erario ampiamente superiori a quello del Primo Presidente della Corte di Cassazione, ovvero al magistrato di grado più elevato che giunge a ricoprire quel posto per pochi anni, al termine di una carriera a dir poco brillante e meritoria.
Ma mentre ogni giorno emergono nuovi scandali che dimostrano come fiumi di denaro sono stati posti a disposizione del potere politico per ragioni funzionali solo ai bisogni della politica e di chi della politica o del potere si nutre, i vertici del Paese, invece di mettere le mani su questo scempio vergognoso, continuano a predicare la morale e ci propongono misure dall’impatto irrilevante o quasi.
Nel frattempo i dipendenti pubblici di diritto comune, ormai ridotti a plebe, devono consolarsi con la riduzione dell’aliquota irpef la cui portata, come accennavo, deve essere valutata unitamente al contestuale incremento dell’iva.
In buona sostanza c’è un serio pericolo che quello che non verseremo per irpef, dovremmo pagarlo per iva atteso che all’aumento di quest’ultima imposta conseguirà inevitabilmente l’incremento del costo della vita. L’iva, infatti, grava su tutti i beni e servizi, anche primari, dei quali fruiamo, dalla benzina al pane, dall’artigiano al bus.
Ma a breve ci sarà un’ulteriore occasione per apprezzare il senso di equità del Governo Monti.
La Corte Costituzionale, con sentenza n. 223 pubblicata l’11 ottobre 2012, ha dichiarato l’incostituzionalità degli articoli 9 e e12 del d.l. n. 78/2010 che avevano introdotto le decurtazioni stipendiali a carico dei magistrati e dei dirigenti dello stato sopra la soglia dei 90 mila e 150 mila euro e bloccato il meccanismo di adeguamento automatico delle retribuzioni dei magistrati.
Per effetto della predetta sentenza della Corte Costituzionale, nessuna trattenuta potrà essere ulteriormente operata a carico di costoro ai quali, anzi, andrà restituito quanto non corrisposto, compreso l’adeguamento automatico della retribuzione, con buona pace per forse l’unica misura, pur se scomposta, che aveva un fumus di sostanziale equità, almeno nell’ambito del c.d. pubblico impiego.
Certo che le conclusioni alle quali è giunta la Corte Costituzionale, che ha riconosciuto la natura sostanzialmente tributaria delle decurtazioni stipendiali a giudici e dirigenti, era facilmente prevedibile. La norma era inesorabilmente destinata alla pronuncia di incostituzionalità interessando solo magistrati e i dirigenti pubblici e non la generalità dei soggetti provvisti dello stesso reddito.
Ma se la incostituzionalità era di tale evidenza, forse era il caso di pensarci prima anche perché, scusate la franchezza, ma con tutto l’arretrato che giace dentro tribunali e altre corti, che ragione c’è a tenere tanti magistrati fuori ruolo a disposizione della Presidenza della Repubblica, del Consiglio dei Ministri o dei singoli Ministeri ?
A questo punto non ci resta che vedere in quale modo e maniera il Governo Monti e l’ampia maggioranza parlamentare che lo sostiene faranno fronte alla spesa dei rimborsi e alla mancata economia conseguenti alla predetta sentenza della Corte Costituzionale.
Non sono stati certamente incoraggianti gli annunci, poi rientrati, sulla tassazione delle pensioni di invalidità o sulla abolizione dei permessi ex L. 104 mentre, nel frattempo, emergeva con certezza che il Vaticano pagherà l’IMU per gli immobili non adibiti al culto solo dal 2013 e in termini ancora non noti: un altro regalo fatto con i soldi di tutti noi.
Il Governo, dalle ultime notizie, sembra voler passare la mano al Parlamento il quale potrà coprire gli incrementi di spesa di dirigenti e magistrati con altre risorse oppure valutare un incremento tributario a carico delle fasce di reddito più elevato.
E’ molto probabile che sia scelta la prima soluzione, ovvero far fronte alla spesa con i soldi di tutti.
Se così sarà, per favore, onorevoli ministri, senatori e deputati, continuate pure a predicare rigore, diciamolo pure, è cosa molto facile se lo si impone solo agli altri, ma non a se stessi.
Ma, se non altro per rispetto della poca intelligenza che ci riconoscete (perchè altrimenti non vi muovereste così), non parlate più di equità, non è cosa né per Voi, né per Noi:
Voi non l’avete mai considerata, tantomeno praticata e credo che non vi interessi proprio;
Noi l’equità non potremo mai averla fino a quando non sapremo dare a questo grande unico Paese una nuova e diversa classe dirigente che nulla dovrà spartire con quella attuale.
Il Coordinatore Generale
Domenico De Grandis
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