Articolo del Segretario Generale Domenico De Grandis, pubblicato sul Sole 24ore del 29.06.2009
DECRETO BRUNETTA
LE BUONE INTENZIONI DEL MINISTRO E LA PROVA DEI FATTI
L’esame dello schema di decreto legislativo approntato dal Ministro Brunetta accomuna ad encomiabili intenti innovativi la riproduzioni di soluzioni normative delle quali si auspicava il superamento.
E’ encomiabile l’ambizione di voler valorizzare le responsabilità della dirigenza nell’assicurare il buon andamento della pubblica amministrazione soprattutto attraverso l’ottimale gestione delle risorse umane ed, in particolare, la valutazione del personale ai fini del riconoscimento della progressione economica, delle indennità e dei premi incentivanti (vedasi in tal senso il nuovo testo dell’art. 17 del d.lgs. n. 165/2001).
Tuttavia tale innovazione, almeno per il comparto delle Regioni-AA.LL., rischia di incidere negativamente sul buon andamento della pubblica amministrazione.
Laddove, infatti, il potere dell’organo di vertice politico delle amministrazioni locali non trovi idoneo temperamento, i dirigenti, che traggono il loro incarico (e la retribuzione di posizione) dall’organo di vertice politico dell’ente, non di rado non sono nelle condizioni di sottrarsi efficacemente all’influenza politica che non troppo raramente ambisce a condizionare le loro scelte.
E’ francamente utopico pensare di affidare poteri forti volti all’innovazione di un sistema a soggetti “deboli” quali debbono ritenersi nell’indicato senso, i dirigenti degli ee.ll..
Un altro elemento non irrilevante è la previsione di due soli comparti di contrattazione (forse quattro).
Ma preliminarmente merita un cenno l’integrale (ed acritica) conferma delle categorie non privatizzate.
Nel corso di una crisi quale quella attuale, appare almeno sconveniente confermare il regime di trattamento pubblico soprattutto per talune categorie di dipendenti le cui funzioni non richiedono particolari prerogative, anzi sono le stesse di quelli privatizzati, fatta ovviamente eccezione per lo stipendio ed altri benefici collaterali.
Se l’intento dichiarato è quello di armonizzare, razionalizzare ed economizzare non si comprende per quale ragione non si è nemmeno pensato di voler sottrarre alla privatizzazione il personale degli organi costituzionali.
Quale è l’effettiva esigenza di riconoscere ad un autista del senato, ad esempio, un reddito pari a cinque volte circa quello percepito dal collega che presta eguale servizio presso ministero o presso il comune?
Tornando al numero dei comparti e visto che dobbiamo tagliare spese e semplificare, ma perché, a questo punto, non ne facciamo uno solo?
Sarebbe un’occasione per rimeditare sulla congruità di taluni livelli retributivi e sulla effettiva necessità di tante discipline di settore.
Si potrebbe fare a meno di molti distacchi e permessi sindacali, ma, al tempo stesso, si troverebbe l’occasione per riflettere sull’opportunità di prorogare taluni contratti di categoria o di casta.
Invero esistono anche tra i dipendenti contrattualizzati, sacche di ingiustificato favore. Vedasi i dipendenti di Union Camere che non fanno nulla di così diverso dai loro colleghi delle camere di commercio per giustificare retribuzioni così sperequate a parità di categoria.
In materia di retribuzione accessoria, un limite ai buoni propositi del Ministro Brunetta va rinvenuto nella estrema disomogeneità di risorse tra gli enti destinatari del d.lgs..
Il che lascia prevedere un’ingiustificata differenziazione tra i dipendenti di enti di maggiori dimensioni che dispongono di idonee risorse e quelli più piccoli, meno ricchi, ma spesso anche molto efficienti e quindi meritevoli almeno in pari misura di veder riconoscere la loro professionalità.
A tal riguardo la scelta di manlevare Stato dall’onere della contrattazione collettiva appare destinata ad incrementare ingiustificate sperequazioni, né può bastare l’art. 47 bis immodestamente titolato “tutela retributiva per i dipendenti pubblici”.
La norma, in realtà, si limita a prevedere che decorsi sessanta giorni dall’entrata in vigore della legge finanziaria possono (e non debbono) essere erogati, a titolo di acconto, gli incrementi stipendiali nei limiti previsti dalla finanziaria stessa.
A tal fine, peraltro, andrebbero preliminarmente sentiti i comitati di settore e le oo.ss. rappresentative.
Decorso marzo senza che non si sia dato corso ad alcun acconto, è prevista un’anticipazione di parte dei benefici contrattuali previsti dalla legge finanziaria nella misura e nei termini previsti dai contratti collettivi.
Rispetto al passato non si è innovato molto.
In realtà si ha ragione di temere che la ristrutturazione dei comparti sia ancora una volta l’occasione per creare ingiustificate differenze retributive.
Giunge voce, infatti, che il personale delle Regioni dovrebbe uscire dall’attuale comparto che lo accomuna a quello delle AA.LL. per essere assimilato contrattualmente al comparto Sanità.
Il tutto con buona pace per l’introducendo sistema federale che, laddove non fondato su una condizione di condivisa equità, rischia di lacerare la Nazione piuttosto che valorizzare le entità territoriali che la compongono.
A conclusione della sommaria e parziale disamina che precede può tuttavia pronosticarsi che l’efficacia della introducenda riforma sarà limitata laddove al contempo non si ponga mano all’attuale normativa che regola la spesa nella pubblica amministrazione.
Per un verso il dirigismo centralista mortifica oltre il necessario l’autonomia di comuni e province fino al punto da far ritenere finanche incostituzionale le norme della finanziaria 2007 relative al patto di stabilità come da ultimo rilevato dalla Corte dei Conti, Sez. Controllo Lombardia, ordinanza n. 125/2009.
Per altro verso, appare non del tutto corretto che i debiti delle municipalizzate del Comune di Catania e, da ultimo, quelle del Comune di Palermo possano essere poste tout court a carico dello Stato.
Forse al Governo non nuocerebbe il confronto con le OO.SS. che, come il Diccap, sono espressione di un sindacato di centro che non ha intenti destabilizzanti, ma la sola ambizione di svolgere la propria missione concorrendo al miglioramento ed all’innovazione della p.a. e della società.