(Reale Marina della Regno delle Due Sicilie - art. 5 “facite ammuina”)
A Roma sembra che la parola d’ordine sia stupire, a tutti i costi.
Si è deciso che, per frenare la corruzione, il rimedio sia la rotazione.
Siamo al riciclo della famosa “facite ammuina”.
Si narra che un ufficiale della flotta borbonica, tal Federico Cafiero, per dare l’impressione di alacre attività sul ponte delle nave che comandava, in occasione delle ispezioni degli ufficiali superiori ordinasse che gli uomini di poppa si precipitassero a prua, quelli di dritta a sinistra, quelli in coperta di sotto e viceversa: l’ammuina.
A quello siamo. Immaginare delle strutture di controllo interno, un’URP più funzionante, un controllo random sull’attività provvedimentale di ciascun ufficio sarebbe troppo, sarebbe faticoso, complesso e mediaticamente meno vendibile.
Si potrebbe affermare che per tale via, nella migliore delle ipotesi si interrompe il ladrocinio per il tempo che il dipendente disonesto impiega a riorganizzarsi nel nuovo ufficio che, magari, gli offre migliori opportunità di delinquere rispetto a quello precedente.
Che poi con la rotazione si perda memoria dei procedimenti, questi si interrompano per il tempo necessario al nuovo titolare dell’ufficio di conoscere le pratiche, che si creino ulteriori lungaggini per gli avvicendamenti, il problema è solo per il povero cristo che attende l’autorizzazione, il nulla osta, la concessione etc.
Per non parlare, poi, delle sorti del personale trasferito da una sede all’altra, magari agli antipodi della città. Ritmi personali e familiari dei dipendenti e delle loro famiglie stravolti: ma quale è il problema. E che so Pasquale direbbe il compianto.
Ma per il malaffare indotto dalla politica la rotazione avrebbe un qualche effetto ?
In tale evenienza può ipotizzarsi, al contrario, che la rotazione, rendendo più vulnerabile il funzionario, sarebbe funzionale al mantenimento degli standard criminali.
Quindi, nella migliore delle ipotesi, la rotazione finirebbe per colpire solo quelli che rubano in proprio: i cani sciolti.
Sembra che si voli un po’ basso.
Ma ancor più sotto si muovono, quasi a volo radente, certi sindacalisti che brandiscono quel che resta dello statuto dei lavoratori per ragioni eminentemente personali così da dare man forte a quelli che lo statuto lo vorrebbero abrogare nella sua completezza.
L’art. 22 della L. n. 300/1970 dispone che “ il trasferimento dall'unità produttiva dei dirigenti delle rappresentanze sindacali aziendali di cui all’articolo 19 della medesima legge, dei candidati e dei membri di commissione interna può essere disposto solo previo nulla osta delle associazioni sindacali di appartenenza.”
La norma è palesemente funzionale al mantenimento dei rapporti tra i dirigenti sindacali e i loro rappresentati e vuole evitare che il trasferimento recida tali rapporti.
Questa è l’interpretazione della norma offerta dalla prevalente giurisprudenza.
Ma laddove trovasse applicazione la preannunciata rotazione, quale è il senso di escludere i dirigenti sindacali?
Costoro, invocando lo statuto dei lavoratori, al più potrebbero pretendere di essere trasferiti con i propri rappresentati, ma non certo di essere esentati dalla rotazione.
Per tale via si affermerebbe solo un insensato privilegio delegittimando indistintamente tutti i dirigenti sindacali.
Si piega un istituto di legge dettato nell’interesse dei lavoratori a quello personale ………. per poi lamentarsi dell’abrogazione di parte dello statuto dei lavoratori.
Forse più che ruotare nelle funzioni sarebbe opportuno che ognuno ruotasse intorno al senso individuale e collettivo di quello che dice e di quello che fa.
Se non altro, si risparmierebbe un’inutile ammuina.
Il Responsabile Territoriale di Roma
Domenico Marasco
Il Segretario Generale
Domenico De Grandis
Scarica il comunicato sindacale