Mercoledì, 10 marzo 2010, dalle 10.30 alle 13.30, nella Sala Polifunzionale di Palazzo Chigi, Via Santa Maria in Via n. 37 – Roma, si è svolto il seminario “Il rapporto di lavoro delle lavoratrici madri: profili di tutela economica e normativa: Consigliere di Parità e Ispettori del lavoro…al lavoro”, organizzato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, dalla Direzione generale per l’Attività Ispettiva e dall’Ufficio Consigliera Nazionale di Parità.
“La gravidanza non è una malattia,
ma un aspetto della vita quotidiana”
[Comunicazione della Commissione delle Comunità Europee del 5/10/2000]
Sono intervenuti: Caro Lucrezio Monticelli, Capo di Gabinetto Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali; Simonetta Matone - Capo di Gabinetto Ministero per le Pari Opportunità; Alessandra Servidori, Consigliera Nazionale di parità (“Ufficio della Consigliera Nazionale di Parità: contesto e prospettive delle iniziative in corso”); Paolo Pennesi , Direttore generale per l’Attività Ispettiva (“Tutela fisica ed economica nell’azione ispettiva”); Danilo Papa, Dirigente della Direzione generale per l’Attività Ispettiva (“Gli interpelli in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità”); Claudia Mancuso, Direzione generale per l’Attività Ispettiva (“La tutela fisica e profili di sicurezza”); Cinzia Alitto, Ufficio Consigliera Nazionale di parità (“Le iniziative concrete e le attività dell’Ufficio della Consigliera Nazionale di Parità”); Francesca Filla, Direzione provinciale del lavoro di Gorizia (“La convalida delle dimissioni delle lavoratrici madri e dei lavoratori padri”); Raffaela Gallini, Contribuito a cura delle Consigliere Capponi , Gallini, Guicciardi (“ Convalida delle dimissioni delle lavoratrici madri e dei lavoratori padri: prime considerazioni sui risultati raggiunti e analisi di prospettiva”).
Il leit-motiv del seminario è stato “La gravidanza non è una malattia, ma un aspetto della vita quotidiana”, incipit dell’Introduzione alla Comunicazione della Commissione delle Comunità Europee del 5/10/2000 “sulle linee direttrici per la valutazione degli agenti chimici, fisici e biologici, nonché dei processi industriali ritenuti pericolosi per la sicurezza o la salute delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento (direttiva 92/85/CEE del Consiglio)”.
Ad una prima affermazione del Capo di Gabinetto del Ministero del lavoro e delle Politiche sociali, Caro Lucrezio Monticelli , secondo cui la normativa italiana, rispetto al resto delle Comunità Europee, contempla una tutela molto vasta delle lavoratrici madri, si sono dispiegate le voci degli altri relatori a dimostrare che, se molto è stato fatto, moltissimo rimane ancora da fare, anche solo nella messa a punto del T.U. 151/2001 che va interpretato con altra normativa, p.es. il D.Lgs. n. 654 del 25 novembre 1996 concernente il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento e il D.Lgs. n. 66 dell’8 aprile 2003 su taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro.
Sono stati così passati in rassegna alcuni elementi critici che emergono nel momento in cui si applica la normativa, soggetta a quel processo di interpretazione ed integrazione, di cui abbiamo detto sopra:
Premesso che la lavoratrice non ha l’obbligo di comunicare al datore di lavoro di trovarsi in stato di gravidanza, fatta eccezione per alcune categorie (le lavoratrici esposte alle radiazioni ionizzanti; le infermiere dei reparti infettivi e psichici), diventa comunque difficile applicare l’interdizione se l’azienda non dispone di un documento di valutazione del rischio che sia stato redatto tenendo conto di due elementi fondamentali:
- Una valutazione del rischio calcolata facendo riferimento ad entrambi i generi, maschile e femminile;
- Una valutazione del rischio accompagnata dalla corrispettiva valutazione del danno.
Non sempre è possibile applicare l’istituto della flessibilità, in quanto la sola postura (p.es. le commesse) può essere nociva alla lavoratrice gestante, anche se si tratta di lavoro part-time orizzontale e/o verticale, per cui è necessario anticipare l’interdizione dal lavoro.
Tra l’altro il decreto della DPL è retroattivo per l’interdizione da gravidanza a rischio, mentre non lo è per l’astensione da attività lavorativa pericolosa, faticosa, insalubre prima del parto e fino ad un massimo di sette mesi dopo il parto, per cui la lavoratrice è costretta a mettersi in malattia nei 7 gg. che precedono l’emanazione del decreto. Ricordiamoci, però, che questi giorni di malattia, così come quelli che seguono l’aborto/parto avvenuto entro i 180 gg della gestazione, non sono da conteggiare nel periodo di comporto.
Va precisato, inoltre, che il divieto di licenziamento, dal momento in cui nasce il figlio, va esteso e rigorosamente applicato anche ai lavoratori padri, tant’è che non solo devono essere convalidate le eventuali dimissioni della lavoratrice madre in DPL (in presenza del datore di lavoro), ma anche quelle del lavoratore padre.
A proposito delle dimissioni delle lavoratrici madri, da una delle tabelle che alleghiamo (Monitoraggio dimissioni per maternità) è possibile evincere le motivazioni che spingono la lavoratrice madre a dimettersi, oltre la fascia d’età e l’anzianità di servizio in cui sono più frequenti :
- le dimissioni sono determinate quasi sempre dalla “incompatibilità tra occupazione lavorativa e assistenza al neonato” o per mancato accoglimento al nido e/o per assenza di parenti di supporto e/o per mancata concessione di part-time o per altri motivi che non sempre,in questa prima fase di monitoraggio, affidato all’Osservatorio dell’Ufficio della Consigliera di Parità, dr.ssa Alessandra Servidori, sono stati indicati. Si sta studiando, infatti, un nuovo modulo, la cui compilazione da parte delle Direzioni Provinciali del Lavoro dovrebbe aiutare a chiarire “per altri motivi”;
- la fascia d’età in cui le dimissioni si verificano maggiormente è quella dai 26 ai 35 anni;
- pertanto l’anzianità di servizio, vista la fascia d’età, è fino ai 3 anni o dai 4 ai 10 anni.
Dall’altra tabella (Attività di vigilanza 2009) emerge un dato importantissimo: le violazioni in materia di tutela economica e fisica delle lavoratrici madri sono aumentate rispetto al 2008, forse anche per l’intensificarsi dell’attività di vigilanza che ha permesso di individuarle, e riguardano soprattutto “ipotesi di reato in ordine alla tutela fisica” (+155%).
Due riflessioni vengono spontanee, dopo questa chiacchierata: la tutela delle lavoratrici madri non è dunque un fatto compiuto, come qualcuno vuol farci credere, ma un processo ancora in fieri; la conciliazione tra vita e lavoro rimane la grande emergenza del nostro tempo.
Su questo il sindacato deve lavorare ed impegnarsi, mettendo in pratica quanto è stato oggetto della relazione del Segretario Generale, di una delle tavole rotonde (Conciliare vita e lavoro) e della mozione finale dell’VIII Congresso Confsal appena celebrato.