ROMA, 13.03.2013
Nota a cura dell’Unità di Crisi “Atena” - Area Legale.
Il decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 denominato “disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini” (convertito in Legge n. 135/2012) , come avevamo facilmente profetizzato, ha prodotto invece qualche varianza o, più correttamente, variazione.
Più precisamente nell’ultimo biennio, i pubblici dipendenti hanno perso il 10% del valore reale della retribuzione.
E’ evidente, poi, che il 10% che manca all’appello ha un peso diverso ( o una diversa utilità marginale per dirla con le parole che userebbe J.M. keynes) a seconda che si fruisca di una retribuzione media oltre i centomila euro annui (come magistrati, avvocati dello stato e dirigenti) ovvero ci si collochi, come il personale non dirigente del comparto regioni – aa.ll., su una retribuzione media lorda di meno di 28.000,00 euro.
Secondo la (prudente) stima del Sole 24 Ore, ogni dipendente non dirigente del nostro comparto ha lasciato sul campo, in media, quasi 2.600,00 euro.
A ciò si deve aggiungere che, nel corso del corrente anno, troveranno applicazione le misure che ciascun ente del comparto dovrà adottare per conformarsi ai parametri della spending review. Coloro che prestano servizi in enti con organici sovradimensionati correranno il rischio, ove risultino sopranumerari, di vedersi collocati in part time, in mobilità e, quindi, a riposo.
In ogni caso tali eventi determineranno un’ulteriore considerevole quota di reddito.
Ma c’è chi sta peggio: molti dipendenti delle società in house partecipate da comuni e province, a causa delle norme sulla spending review, rischiano di perdere il lavoro entro la fine dell’anno: secondo le stime si tratta di 20-30.000 persone e, quindi, di altrettante famiglie.
Inoltre è quasi certo che, anche per il biennio 2013/2014, verrà protratto il blocco della contrattazione collettiva.
Il congelamento, peraltro, dovrebbe investire anche l’indennità di vacanza contrattuale.
Però il presente non è tutto nero: il Consiglio dei Ministri ha deliberato un nuovo codice di comportamento dei dipendenti pubblici.
Tra le disposizioni del codice di prossima pubblicazione meritano di essere segnalate le seguenti disposizioni:
a) il divieto per il dipendente pubblico di chiedere regali, compensi o altre utilità, nonché il divieto di accettare regali, compensi o altre utilità, salvo quelli d’uso di modico valore (non superiore a 150 euro) - anche sotto forma di sconto. I regali e le altre utilità comunque ricevuti sono immediatamente messi a disposizione dell’Amministrazione per essere devoluti a fini istituzionali;
b) l’obbligo di comunicazione da parte del dipendente della propria adesione o appartenenza ad associazioni e organizzazioni (esclusi partici politici e sindacati) i cui ambiti di interesse possano interferire con lo svolgimento delle attività dell’ufficio;
c) l’obbligo di comunicare da parte del dipendente, all’atto dell’assegnazione all’ufficio, i rapporti diretti o indiretti di collaborazione avuti con soggetti privati nei 3 anni precedenti e in qualunque modo retribuiti, oltre all’obbligo di precisare se questi rapporti sussistono ancora (o sussistano con il coniuge, il convivente, i parenti e gli affini entro il secondo grado);
d) l’obbligo per il dipendente di astenersi dal prendere decisioni o svolgere attività inerenti le sue mansioni in situazioni di conflitto di interessi anche non patrimoniali, derivanti dall'assecondare pressioni politiche, sindacali o dei superiori gerarchici;
e) la tracciabilità e la trasparenza dei processi decisionali adottati (che dovrà essere garantita attraverso un adeguato supporto documentale);
f) il rispetto dei vincoli posti dall’amministrazione nell’utilizzo del materiale o delle attrezzature assegnate ai dipendenti per ragioni di ufficio, anche con riferimento all’utilizzo delle linee telematiche e telefoniche dell’ufficio;
g) gli obblighi di comportamento in servizio nei rapporti e all’interno dell’organizzazione amministrativa;
h) per i dirigenti, l’obbligo di comunicare all’amministrazione le partecipazioni azionarie e gli altri interessi finanziari che possono porli in conflitto d’interesse con le funzioni che svolgono; l’obbligo di fornire le informazioni sulla propria situazione patrimoniale previste dalla legge; il dovere, nei limiti delle loro possibilità, di evitare che si diffondano notizie non vere sull’organizzazione, sull’attività e sugli altri dipendenti;
i) la previsione di un meccanismo sanzionatorio per la violazione dei doveri di comportamento.
Alcune brevi considerazioni:
1) si tratta di disposizioni evidentemente superflue che riproducono, inutilmente precetti contenuti nel precedente codice di comportamento, ovvero nei codici disciplinari contenuti nei contratti collettivi ovvero ancora in norme di legge, compreso il codice penale: ad esempio l’ipotesi di cui alla superiore lett. f), ad esempio, evoca il delitto di peculato per distrazione (art. 314, 2° c., c.p.) ovvero quello di cui alla superiore lett. d) il delitto di abuso d’ufficio (art. 323, c.p.);
2) è previsto, inoltre, il divieto del dipendente pubblico a sottostare a pressioni di ordine politico: ma per i precari non sarà facile; né, per diversi ragioni, lo sarà per i dirigenti, quali ad esempio segretari comunali e provinciali o direttori generali di asl, incaricati sulla base di un rapporto fiduciario con un politico.
In conclusione: l’ennesima conferma dello spessore del governo Monti: forte con i deboli, debole con i forti.