AGGIORNAMENTO DEL 26.11.2014
Oggetto: proclamazione sciopero nazionale del personale del comparto regioni – aa.ll. per l’intera giornata del 1° dicembre 2014 – per ottenere il rinnovo del contratto di lavoro . Deliberazione Commissione di garanzia del 24.11.2014. Ottemperanza.
Questa O.S . in data 19.11.2014, prot.784/2014 , ha indetto lo sciopero nazionale di cui in oggetto per l’intera giornata del 1° dicembre 2014 per:
1)Il rinnovo del ccnl di comparto;
2)La rinuncia ad ogni modifica normativa per via legislativa su tematiche contrattuali.
In data 25.11.2014, prot. 0018057/RAL, la Commissione di Garanzia dell’Attuazione della legge sullo sciopero nei Servizi Pubblici Essenziali, ha trasmesso la delibera avente ad oggetto: “indicazione immediata, ai sensi dell’art.13, comma 1, lettera d), della legge 12.6.1990, n. 146 e succ. mod e integ. Con nota prot. 786 del 25.11.2014, la scrivente ha provveduto immediatamente a riscontrare la delibera de quo e conformarsi ad essa. Pertanto si conferma lo sciopero nazionale indetto per il 1.12.2014, ad esclusione dei lavoratori , già interessati da altri scioperi precedentemente proclamati, dei seguenti enti:
-città di Livorno;
-Comune di Collesalvetti;
-Comune di Pisa ;
-casa di riposo “Carmine Borrelli”-società Aspide- controllata Comune di Pompei;
-Colle Val D’Elsa;
-Ipab “A.Danielato” di Cavarzese.
Distinti saluti,
Il Segretario Generale
Domenico De Grandis
Proclamazione sciopero nazionale del personale del comparto regioni – aa.ll. per l’intera giornata del 1° dicembre 2014 – per ottenere il rinnovo del contratto di lavoro.
Questa O.S. comunica di aver indetto, in data odierna, lo sciopero per l’intera giornata del 1° dicembre 2014 per:
1) Il rinnovo del CCNL di comparto;
2) La rinuncia ad ogni modifica normativa per via legislativa su tematiche contrattuali.
La nostra Costituzione dedica al lavoro e alle libertà sindacali più disposizioni.
L’ art.1, come noto, afferma che la Repubblica è fondata sul lavoro. E non si tratta di una pur alta affermazione di principio, ma trova sostegno in ulteriori molteplici disposizioni che ne garantiscono l’effettività
L’art. 4, riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro.
L’art. 17 riconosce il diritto di riunione pacifica.
L’art. 18 afferma la libertà di associazione: libertà di cui quella sindacale è una delle più alte espressioni.
L’art. 21 garantisce la libertà di manifestazione del proprio pensiero.
L’art. 24 garantisce la tutela giurisdizionale dei diritti.
L’ art. 35 afferma che Repubblica debba tutelare il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni.
L’art. 36 riconosce al lavoratore il diritto a una retribuzione proporzionata e sufficiente ad assicurare a lui e alla sua famiglia un'esistenza libera e dignitosa.
Gli articoli 37 prevedono la tutela delle lavoratrici e del lavoro minorile.
L’art. 38 garantisce l’assistenza sociale del lavoratore inabile.
L’art. 39 afferma che l’organizzazione sindacale è libera.
L’art. 40 riconosce il diritto allo sciopero.
Infine, the last but not the least, il sindacato è una delle formazioni sociali nelle quali l’art. 2 Cost. riconosce i diritti inviolabili dell’uomo così da garantirgli il pieno dispiegamento della propria personalità nel nome della solidarietà politica, economica e sociale.
Eppure in questi giorni il costume politico è volto a sminuire il valore del lavoro e a marginalizzare il ruolo del sindacato che ha costituito uno dei pilastri sui quali è stata edificato il sistema democratico.
Giova ricordare che negli anni di piombo, quando l’eversione tentò di trovare sponda nel sindacato, il rifiuto fu netto e pagato finanche con l’estremo sacrificio come nel caso di Guido Rossa.
Pur se in termini diversi, nel settore del lavoro alle dipendenze della p.a., il sindacato ha fornito un apporto determinante condividendo le responsabilità di una riforma epocale quale è stata quella c.d. privatizzazione del pubblico impiego avviata con la legge delega n. 421 del 1990, ma portata a regime solo nel 1999.
Tornando ai nostri giorni, i contratti collettivi nazionali sono scaduti nel 2009, ma, anche per il 2015, il Governo intende non rinnovarli. Eppure il legislatore ha riconosciuto al contratto collettivo il ruolo centrale di fonte primaria di disciplina del rapporto di lavoro, e non solo sotto il profilo economico.
Ma non solo. A fronte delle inequivoche disposizioni di cui all’art. 2 del d.lgs. n. 165/2001 che ha introdotto la contrattualizzazione del pubblico impiego, è invalso l’uso di operare interventi unilaterali e autoritativi (vedasi per tutti il d.lgs. n. 150/2009 meglio noto come decreto Brunetta).
Si gestisce con ccnl ciò che è scomodo e complesso. Si dispone con legge (in senso sostanziale) quando non si vuole perdere tempo a discutere.
Anche la mancanza di risorse è un alibi da quattro soldi ( tanto per restare in tema ): le risorse, pure ingenti, per acquistare gli aerei militari F35 (peraltro di dubbia efficienza) si sono trovate, quelle per i nostri lavoratori no.
Peraltro la materia contrattuale non si esaurisce nel trattamento economico.
Ci sarebbe la necessità di migliorare e coordinare le disposizioni contrattuali, di innovarne altre quali quelle relative ai procedimenti di valutazione e di conferimento dell’area delle posizioni organizzative, ai rapporti di lavoro a termine.
Inoltre esistono altri argomenti, quali l’accesso al c.d. lavoro parasubordinato, l’affidamento dei servizi a società in house o in appalto a terzi dei servizi che meriterebbero approfondimento. Non si può immaginare di bloccare la spesa del personale per poi accedere ad affidamenti che garantiscono a certi imprenditori profitti immeritati e ai lavoratori tutele e redditi attenuati.
A questo e non altro è funzionale la marginalizzazione del sindacato.
Il risultato, o per meglio dire lo sfascio, è sotto gli occhi di tutti.
Abbiamo una spesa pubblica tra le più elevate e le retribuzioni dei dipendenti pubblici tra le più basse dell’area euro.
Aspettiamo dal tempo di Monti, quindi da circa tre anni, una “spending review” che non abbia la valenza del taglio lineare. Ma ci risulta che il prefetto Cottarelli sia missing in action, ovvero disperso.
Al contempo il cuneo fiscale continua a produrre una spirale recessiva che non ha termine. Ma con non poca iattanza, viene affermato che i sindacati, se vogliono parlare, debbono farsi eleggere in Parlamento, quel Parlamento che finge di contendere intorno all’art. 18, che finge di credere che, una volta tolto di mezzo un articolo di legge, gli operatori esteri si precipiteranno a investire in Italia a nulla rilevando che li aspettano imposte superiori al 50% mentre nella vicina Slovenia o anche nella civilissima Svizzera ascendono al 20%.
D’altronde l’ambizione di tacitare il sindacato o di relegarlo a un ruolo meno che marginale risulta coerente con il tentativo (in ampia parte già riuscito) di assoggettare il nostro un paese a un regime da socialismo reale in cui fanno da padroni la politica e l’alta burocrazia. I restanti devono ringraziare se arrivano a fine mese.
In questo quadro, la necessità di un rinnovato impegno sindacale è soltanto un dovere per noi, per le nostre famiglie, per i nostri colleghi e per l’intera collettività.
Alcune delle maggiori organizzazioni sindacali stanno rispondendo a questa domanda di confronto sociale con una sorta di "fuga dal contratto" per non condividere responsabilità e scelte non acquisitive o, peggio, direttamente recessive: i pochi tavoli aperti a livello nazionale in questo periodo, infatti, o trattano di elementi marginali, oppure stagnano da anni, (vedasi gli accordi sui comparti e sulle relazioni sindacali aperti da anni e ormai irrimediabilmente impantanati).
Altri si illudono di porre rimedio alla disastrosa gestione di taluni contratti integrativi affidando alla contrattazione collettiva ambizioni inconfessabili, magari ricorrendo (in termini deviati) allo strumentario delle interpretazioni autentiche di norme contrattuali collettive nazionali per sanare situazioni e prassi contra legem.
Ma solo il sindacato, all’esito del rispristino di relazioni sindacali degne di tale nome, può contribuire a disincagliare la pubblica amministrazione dalle secche della stagnazione per rilanciarle nelle acque libere dello sviluppo economico e sociale.
Dobbiamo trovare il coraggio di credere che, in un momento critico quale questo, il nostro impegno può aprire a nuove opportunità.
Dobbiamo avere la capacità di credere in una nuova stagione, certamente più impegnativa, ma anche più seduttiva di quelle passate nelle quali troppe volte ci siamo trovati invischiati in questioni che non abbiamo certamente voluto e tantomeno alimentato.
E’ tempo di tornare al lavoro: infatti stamane in Confederazione ci siamo riuniti insieme alle altre federazioni del P.I. convenendo di proclamare lo stato di agitazione e chiedere l’avvio della procedura di conciliazione.
Vi terremo prontamente informati.
Il Segretario Generale
Domenico De Grandis
Allegati:
Comunicato Confsal n. 58 del 20.11.2014
Richiesta esperimento tentativo di conciliazione
Proclamazione sciopero nazionale 1.12.2014